
Tante strade di Napoli portano nel nome un pezzo di storia loro e di tutta città. È il caso di Rua Catalana, una viuzza stretta pavimentata col caratteristico basolato vesuviano e “recintata” da bei palazzi del centro storico. Siamo in zona porto a pochi metri dal Maschio Angioino, tra due importanti arterie, da una parte via Depretis dove c’è il Comando provinciale della Guardia di Finanza, dall’altra via Medina fronte Questura. È in questa stradina sinuosa e nascosta che sono custoditi i segreti di un’antica tradizione artigianale, quella della lavorazione del metallo.
Il nome, come dicevamo, porta in sé le origini di una storia secolare che parte nella Napoli della dominazione francese, e più precisamente in quella di Giovanna d’Angiò, prima sovrana del Regno per diritto ereditario. Fu lei infatti nella seconda metà del 1300 a voler in alcune aree della città l’insediamento di particolari lavorazioni e commerci provenienti da altre parti del mondo. In questa zona finirono così i maestri lattonieri catalani e la strada prese il nome dai suoi bottegai. Lo stesso più o meno avvenne per altri luoghi storici della città.
Lo spiega bene Carlo Celano che nel 1692 scrisse “Le Notizie del bello, dell’antico e del curioso della città di Napoli”, una vera e propria guida per i visitatori della città: “(…) Dirimpetto a questa porta (quella dell’Arsenale Vecchio, ndr.) vedesi la Rua Catalana, cioè strada de’ catalani. Vien detta con questa voce francese rua perché la regina Giovanna Prima francese, per introdur negotii nella città, v’introdusse diversi mercatanti forastieri, assegnando ad ogni natione la sua strada: alli catalani assegnò questa; alli francesi quella presso Sant’Eligio e si disse Rua Francese; quella dove è hora la Sellaria alli toscani e fu chiamata Rua Toscana; alli provenzali presso il Regio Palazzo, che venne nominata Rua de’ Provenzali e ad altre nationi, come si vidde. Per questa strada ci incaminaremo”.
Le parole usate da Celano per descriverla non lasciano spazio a fraintendimenti sull’importanza che la Rua rivestiva per il tessuto sociale ed economico della Napoli del ‘300. “Questa un tempo era una delle più belle e popolate strade, non dico di Napoli, ma dell’Italia, essendo che, in queste, altre arti non v’erano che per provedere il capo ed il piede humano: se dalla parte sinistra altre botteghe non v’erano che di scarpari, dalla destra tutte di cappellari; ed era tanto il numero, che le botteghe s’appiggionavano a carissimo prezzo. In tempo poi della guerra popolare cominciarono quest’arti a passare altrove. La peste poi la spopolò affatto, in modo che, per non essere abitate, ruinorno (rovinarono, ndr.) molte case (…)”.
Ciò che non sparì mai da Rua Catalana fu la lavorazione del metallo. Anzi, con quel nucleo di artigiani catalani mise radici nella strada una tradizione che la città seppe far propria con la nascita di tante botteghe e l’affinamento di un’arte tramandata di generazione in generazione. E fu forse questo tratto così peculiare che permise alla Rua di scampare alle opere di risanamento della città che, alla fine dell’800 modificarono radicalmente l’area del porto insieme ad altri quartieri centrali.
Oggi a Rua Catalana, nonostante non ci siano più tantissime botteghe come una volta, è possibile respirare – forse più che in ogni altro luogo della città- l’atmosfera di un tempo. Le opere in ferro battuto, che, alzando la testa, si scorgono sulle pareti dei palazzi lungo la strada, sono la testimonianza della maestria degli artigiani ancora presenti lì. Ad installarle fu l’artista Riccardo Dalisi nel 1997 a memoria di un passato illustre e di una tradizione che non muore. Questa strada-laboratorio è oggi metà di tanti turisti, di amanti dell’artigianato e di semplici curiosi.