Le quaranta tavole del merletto napoletano

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Forse non tutti sanno che Napoli un tempo era conosciuta nel mondo anche per i suoi merletti. Oggi questa secolare tradizione artigiana, in Campania, è custodita soprattutto in alcune località dell’Irpinia, Santa Paolina e Montefusco in testa (link alla pagina degli itinerari), Sant’Agata dei Goti nel Sannio, Gallo Matese nel casertano o Ischia. Ma c’è stato un periodo in cui regine e donne di corte indossavano merletti prodotti proprio nella capitale del Regno, precisamente all’interno del reale Albergo dei Poveri delle Suore del Conservatorio del Santo Spirito.

Testimonianza di questo antico legame sono quaranta tavole in cui sono racchiusi tutti i segreti del merletto napoletano. Di cosa si sta parlando? Di uno dei più importanti testi utilizzati a scopo educativo nelle scuole municipali della Napoli della seconda metà dell’ottocento, dove si insegnava a giovani donne, tra le altre cose, anche l’arte del lavoro col tombolo e i fuselli. Si chiamava “Merletti napoletani a piombini” e ne era autore un artista tra i più apprezzati del suo tempo, Gioacchino Toma, noto per i suoi quadri, ma anche per essere stato uno dei protagonisti della campagna garibaldina, e ricordato oggi a Napoli dall’intitolazione di una strada nel quartiere Vomero.

Il pittore, che fu anche insegnante di disegno applicato in alcune scuole municipali, decise di racchiudere in quaranta tavole i disegni artistici da lui appositamente realizzati per il lavoro delle sue alunne. La particolarità consisteva, oltreché nelle linee del tratteggio, nella possibilità di poter utilizzare direttamente sul tombolo quelle stampe realizzate “al vivo”, senza necessità dunque di far repliche attraverso lucidi e riduzioni.

Va detto, per chi non lo sapesse, che la lavorazione del merletto avviene – oggi come allora – su un cuscino di forma cilindrica (il tombolo, appunto) sul quale viene applicato un foglio con il disegno da replicare. Spilli e particolari bastoncini chiamati fuselli permettono poi la manipolazione del filo di seta attraverso nodi, intrecci e legature, fino alla creazione di vere e proprie opere d’arte.

Proprio questo antico sapere è conservato oggi in una ristampa del volume di Toma curata da Bianca Rosa Bellomo (introvabili le copie originali, se si fa eccezione per quella conservata alla Reale Biblioteca di Torino), e nell’opera infaticabile di alcuni appassionati che, riuniti nell’associazione culturale “Tombolo napoletano” di Pozzuoli, hanno ripreso gli antichi disegni dando loro nuova vita.