
Giochi semplici e poveri, in grado di donare a chi li utilizzava, però, ore e ore di spensieratezza all’aria aperta. Carruoccioli, strummoli e tirapreta facevano spesso parte dell’armamentario del giovane monello campano, dal capoluogo partenopeo a Salerno, dal Cilento al Sannio, dall’Irpinia alla Terra di Lavoro.
Dal latino carroccium, ovvero piccolo carro, il carruocciolo veniva costruito con due assi di legno e qualche ruota sgangherata e rappresentava un vero e proprio slittino da usare – spesso sulle discese – in strada.
Chi non conosce, invece, il detto: S’è aunita ‘a funicella corta e ‘o strummolo tiriteppeto? Ovvero: si sono uniti una cordicella troppo corta per poter imprimere con forza la necessaria spinta al movimento rotatorio dello strummolo che, di conseguenza, intraprende un movimento non esatto per cui la trottolina s’inclina e si muove ballonzolando, col tipico suono tirití-tirité (per onomatopea il napoletano tiriteppeto).
Lo strummolo, non era altro che una trottola artigianale: tirando “‘a funicella”, uno spago posto sull’estremità, l’oggetto iniziava a roteare rimanendo in equilibrio su una punta di metallo. Un gioco semplicissimo, ma che aggregava tantissimi bambini pronti a sfidarsi per capire chi riuscisse a far girare la trottola per più tempo. La classica fionda, infine, in napoletano assumeva il nome molto più rappresentativo di tirapreta.
Al giorno d’oggi non è raro incontrare artigiani locali che, lavorando piccoli oggetti in legno, forgiano piccoli strummoli o tiraprete, tradizionamente lavorati e serigrafati, la cui tradizione resta diffusa soprattutto nell’entroterra campano, mentre sembra ormai persa la tradizione del carruocciolo.