
Avete ancora nell’armadio quel vecchio giocattolo che da bambini non lasciavate mai e che ancora oggi fate fatica a buttare perché, pur malridotto, sapete che è parte della vostra vita? Forse non lo sapete ma c’è a Napoli qualcuno che si prende cura di lui. Sono i “dottori” dell’Ospedale delle bambole una struttura che da decenni opera nel cuore della città.
Un tempo – e stiamo parlando della fine dell’800 – era un semplice laboratorio di Spaccanapoli in cui Luigi Grassi, scenografo di teatro, realizzava i suoi lavori riparando oggetti di scena di ogni tipo, compresi i pupi. Iniziò quasi per caso la sua passione per i giocattoli che la gente del quartiere gli portava per qualche piccolo aggiusto. Erano i tempi in cui era più economico mettere un po’ di stucco al braccio rotto di una bambola piuttosto che comprarla ex novo.
Fu la svolta. La bottega di Grassi diventò un vero e proprio “ospedale” con tanto di insegna e croce rossa sopra la porta. Quell’arte, così importante allora, fu trasmessa da generazione in generazione e oggi, negli anni del consumismo sfrenato, è ancor più preziosa perché tutela la memoria.
I clienti del nuovo millennio infatti sono soprattutto persone adulte che da tutta Italia portano qui a riparare i loro piccoli gioielli di bambino, quelli di cui neanche le fabbriche produttrici conservano più pezzi di ricambio. Insieme all’ospedale, in via San Biagio dei Librai 39, c’è anche un Museo dedicato alle vecchie bambole. Per gli amanti del genere, un luogo tutto da scoprire.